Bentornati!
Come alcuni di voi sanno, ho appena finito la terza media serale. Come argomento per gli esami orali ho portato Cappuccetto Rosso. Condivido qui la mia tesina.
Cappuccetto Rosso è una delle fiabe più famose al mondo. Nata durante il periodo medievale, è una storia della quale si possono riscontrare versioni e varianti in quasi tutti i Paesi dell’Europa continentale.
Nell’antichità, le persone vivevano soprattutto in piccoli insediamenti e nelle città situate vicino ai fiumi. I boschi erano visti come luoghi inospitali, pieni di animali pericolosi e di popolazioni selvagge. Dai boschi arrivavano problemi sotto forma di belve o di barbari. Non era precisamente un luogo dove si potesse vivere.
Con la caduta dell’Impero Romano, l’arrivo dei barbari, l'aumento della popolazione e la diversificazione di mestieri e strumenti, i boschi iniziarono ad assumere un ruolo diverso nella vita quotidiana. Diventarono luogo di caccia, fonte di legna, spazio di crescita urbana e zona di passaggio per mercanti, eserciti e briganti.
La maggior parte della popolazione era analfabeta, e che anche i bambini e i ragazzi erano membri economicamente attivi delle loro famiglie. In questo contesto, nelle serate trascorse attorno al focolare, nacque una lunga serie di racconti, miti, favole e fiabe che servivano a intrattenere, ma anche a formare e informare i bambini.
Cappuccetto Rosso è una di queste storie. È la storia di una ragazzina che riceve un mantello rosso come regalo della madre. Come lo indossava sempre, tutti la chiamavano Cappuccetto Rosso. Un giorno, la giovincella fu mandata a portare del cibo e delle medicine alla nonna, che abitava nel bosco. Mentre lo attraversava, incappò in un lupo che le fornì delle indicazioni sbagliate per raggiungere la sua destinazione. L’animale le aveva detto la strada più lunga per poter arrivare lui per primo. Una volta che la belva arrivò, mangiò la nonna di Cappuccetto e prese il suo posto a letto, per poter ingannare di nuovo la ragazza e mangiare anche lei.
Ci sono molte varianti di questo racconto. Quasi tutte seguono lo stesso filo conduttore, ma presentano differenze importanti tra di loro. In particolare, tra le diverse versioni varia come avvennero gli inganni della belva e cosa successe dopo l’incontro con Cappuccetto.
La più antica versione scritta del racconto è Le petit Chaperon Rouge. Era parte di una raccolta di racconti pubblicati nel 1697 da Charles Perrault. Il libro, intitolato Histoires ou contes du temps passé, avec des moralités, noto anche come Contes de ma mère l'Oye (I racconti di Mamma Oca), conteneva otto fiabe popolari tra cui c’erano Cappuccetto Rosso, Barbablù, La Bella Addormentata, Pollicino, Cenerentola e Il Gatto con gli Stivali. Più avanti, nella seconda edizione, si aggiunsero altri tre racconti che aveva pubblicato tempo prima.
Charles era di famiglia alto-borghese, numerosa e facoltosa, che era piuttosto vicina alla Corte di Francia. Frequentò le migliori scuole e studiò legge, trovando poi lavoro nei servizi statali. Prese parte alla creazione dell’Accademia delle Scienze e al restauro dell’Accademia della Pittura. Quando venne fondata l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres, nel 1663, Perrault ne venne nominato segretario a vita.
Nel 1678 rimase vedovo con quattro figli, tutti sotto i cinque anni, da allevare. Fu allora che iniziò a scrivere delle storielle popolari, con un intento pedagogico chiaro e diretto, per fornire loro degli strumenti morali. Nel 1697, pubblicò il volume per aiutare il figlio minore che era finito in carcere. Il libro ebbe un successo inaspettato e travolgente, rendendo il nome di Perrault famoso anche al di fuori dei circoli letterari e artistici e dando inizio a un nuovo genere letterario, quello della fiaba.
Perrault prese le storie della tradizione orale, ne scelse alcune con un insegnamento virtuoso e le riformulò eliminando le parti più oscene e dando loro una morale.
Alcune caratteristiche di questa versione sono:
Né Cappuccetto né le altre storie incluse nel libro erano “per bambini”, almeno così come le intendiamo adesso: i libri erano ancora un oggetto caro e c’erano pochissimi libri pensati per il pubblico infantile.
Le storie, comunque, erano state arricchite con dettagli pensati per un lettore colto e cortigiano. Per esempio, sono creazione di Perrault tutti i riferimenti al Marchese di Carabas, i riferimenti cortigiani delle storie, i principi, le principesse, i vestiti meravigliosi, che erano assenti nella tradizione popolare.
Le narrazioni di Perrault, comunque, sono state influenzate dall’intento pedagogico che era presente anche nelle narrazioni di Esopo e La Fontaine. In particolare questo è molto evidente nel racconto Cappuccetto Rosso: questa storia è ancora a metà strada tra la fiaba e la favola. Non ci sono esseri fantastici, né salvataggi miracolosi. C’è soltanto un lupo che parla e c’è una morale molto esplicita.
Il libro, come accennato prima, fu un successo. Diventò popolare molto in fretta, soprattutto grazie alla novità del mondo fantastico descritto da Perrault. Tale fu il successo che, pochi anni dopo (per i tempi dell’epoca), venne tradotta in italiano da uno stampatore veneziano, il grande Sebastiano Coleti, che ne pubblicò una traduzione nel 1725. Questa traduzione era letterale.
Anche se la versione italiana è la prima traduzione in assoluto del racconto, il nome era diverso: era, infatti, Il picciolo capello rosso. Il titolo con il quale tutti conosciamo la fiaba in Italia, Cappuccetto Rosso, fu una trovata di un tale Carlo Collodi. A quanto sembra, Collodi era bravo a scrivere narrativa per ragazzi.
Fatto curioso: In spagnolo le traduzioni sono molto posteriori a quella italiana. La seconda traduzione, pubblicata nel 1883, prende “ispirazione” dal titolo collodiano: il racconto si chiamerà, infatti, Caperucita Roja.

Jacob Ludwig Karl Grimm e Wilhelm Karl Grimm, meglio noti come i fratelli Grimm, furono due linguisti e filologi tedeschi, ricordati come "promotori" della germanistica. Tutti e due studiarono all'Università di Marburg, dove svilupparono il loro interesse per gli studi sulla cultura popolare germanica e, in particolare, sulle tradizioni orali. In questa prospettiva, iniziarono a collezionare sistematicamente i racconti popolari.
L'ascesa del Romanticismo nell’Europa del XIX secolo ravvivò l’interesse per le storie popolari tradizionali le quali, per i fratelli Grimm, rappresentavano una forma pura di letteratura e cultura nazionale, lo spirito del popolo (Volksgeist). Con l’obiettivo di scrivere un saggio sui racconti popolari, i fratelli stabilirono una metodologia per la ricerca, la raccolta e la trascrizione delle storie della tradizione orale che sono diventate la base per gli studi sul folklore. Tra il 1812 e il 1857, la loro prima raccolta fu rivista e ripubblicata molte volte, passando da 86 storie a più di 200. Oltre a scrivere e a modificare i racconti, i fratelli scrissero raccolte di mitologie germaniche e scandinave molto apprezzate e, nel 1838, iniziarono a comporre un dizionario tedesco (Deutsches Wörterbuch) che, purtroppo, non sono stati in grado di finire.
Tecnicamente non si tratta di una versione, ma di due. I fratelli registrarono queste versioni nei loro lavori più strettamente filologici (la prima versione raccontata da Jeanette Hassenpflug e la seconda da Marie Hassenpflug). Nel loro libro per bambini, però, le fusero scrivendo una storia unica con due “movimenti”.
Con il titolo di Rotkäppchen la storia della ragazzina con il mantello rosso fu inclusa nella prima edizione della loro raccolta Kinder- und Hausmärchen (Le fiabe del focolare) pubblicata nel 1812. La bambina e sua nonna, dopo essere state mangiate dal lupo, venivano salvate da un cacciatore interessato alla pelle del lupo. Poco tempo dopo, Cappuccetto Rosso andò di nuovo a casa della nonna e incontrò un secondo lupo che tentò di ingannarla con lo stesso stratagemma ma, grazie all’esperienza acquisita con il primo lupo, la bambina lo ingannò a sua volta, dandogli indicazioni sbagliate per raggiungere la casa.
La ragazza, allora, andò dalla vecchia e si barricò con lei in casa. Quando arrivò, il lupo tentò di forzare la porta. Dato che non ci riuscì, provò a penetrare in casa dalla canna fumaria, ma la nonna mise nel camino un pentolone d'acqua bollente e il lupo vi cadde dentro, annegando, in una maniera analoga a ciò che accade al lupo de I tre porcellini.
I Grimm continuarono a rivedere la storia nelle edizioni successive. La versione più nota è quella finale, del 1857, con il taglialegna che sostituisce il cacciatore.
I fratelli Grimm non avevano lo stesso interesse pedagogico di Perrault: le fiabe perdono la morale. Hanno, invece, un interesse filologico e folklorico (nel senso di uno studio delle tradizioni orali popolari). Per questo motivo, ogni racconto venne catalogato.
La prima edizione non ebbe successo, in gran parte perché era troppo filologica: la raccolta era un vero e proprio studio delle tradizioni popolari. Solo in edizioni posteriori prese la forma di fiaba, con le formule classiche come “c’era una volta…”. Prendono un tono molto più adatto ai bambini e si spogliano di violenza (le prime stesure erano molto cupe).
La prima edizione italiana, intitolata Cinquanta novelle dei fratelli Grimm, fu edita dalla Hoepli nel 1897 a cura di Fanny Vanzi Mussini. Il testo, traduzione delle ultime versioni scritte dai fratelli, registrò un immediato successo editoriale.
Italo Calvino, uno degli intellettuali italiani più riconosciuti del secolo XX, è stato un maestro della brevità. I numerosi campi d’interesse toccati dal suo percorso letterario sono meditati e raccontati attraverso capolavori quali la trilogia de I nostri antenati, Marcovaldo, Le cosmicomiche, Se una notte d'inverno un viaggiatore, uniti dal filo conduttore della riflessione sulla storia e la società contemporanea. Dall’inizio della sua carriera sino alla morte, Calvino scrisse circa duecento racconti.
In particolare, si è interessato molto alle tradizioni popolari italiane, lavorando nella ricerca, registro e traduzione delle fiabe e dei racconti delle diverse tradizioni orali.
Una delle storielle raccolte in Abruzzo è La finta nonna. Questo racconto si allontana un po’ da quelli già studiati: non ci sono né il mantello rosso, né il lupo. La finta nonna, però, ha molti argomenti in comune con Cappuccetto Rosso: si narra la storia di una bambina che deve andare dalla nonna nel bosco. Quando arriva alla sua casa, nota che la nonna aveva qualcosa di strano:
La bambina entrò in letto, vicino alla nonna. Le toccò una mano e disse:
- Perché hai le mani così pelose, nonna?
- Per i troppi anelli che portavo alle dita.
Le toccò il petto:
- Perché hai il petto così peloso, nonna?
- Per le troppe collane che portavo al collo.
Le toccò i fianchi: Perché hai i fianchi cosi pelosi, nonna?
- Perché porto il busto troppo stretto.
Le toccò la coda e pensò che, pelosa o non pelosa, la nonna di coda non ne aveva mai avuta.
E, allora, la bambina se ne rese conto: al posto della nonna c’era un’orchessa che aveva mangiato l’anziana. Alla fine del racconto, l’astuzia e la gentilezza della bambina le permetteranno di salvarsi.
È possibile interpretare le fiabe da svariati punti di vista. Un esempio è quello della struttura morfologica del racconto, operato da Vladimir Propp e da Joseph Campbell, più interessati a capire le similitudini tra le diverse fiabe, creando degli schemi che permettono di comprendere quali siano i momenti che conformano la strada per diventare un eroe, creando, senza volerlo, la narratologia.
Un secondo approccio è proposto dallo stesso Propp, che fa una revisione dell’origine storica dei racconti di fate, cercando le strutture economiche, sociali e culturali che si nascondono dietro le fiabe, mettendo in campo gli strumenti proposti dal materialismo storico marxista.
Un altro approccio possibile è quello psicologico-psicoanalitico, per esempio quello proposto da Bruno Bettelheim, che mette in gioco le teorie freudiane per proporre un’interpretazione edipica del racconto.
Tutte queste interpretazioni, in fondo in fondo, hanno una visione comune di questa fiaba in particolare: si parla di sesso. Il rosso del mantello consegnato dalla madre alla figlia quando diventa ragazzina è un riferimento alla pubertà, alla maturità sessuale, alla sessualità femminile. Il percorso nel bosco è la vita adulta, è il momento di prendere decisioni autonome e affrontare il mondo da sola.
Il lupo del racconto trova Cappuccetto nel bosco. Non la sbrana sul posto, ma la inganna. È gentile con lei. Si fa dare l’indirizzo della nonna e fa in modo che la ragazza prenda la strada più lunga. Poi, arrivato alla casa nel bosco, inganna la vecchia: finge di essere la nipote per farsi aprire la porta. Mangia l’anziana e prende il suo posto per attendere la ragazza.
È ovvio che, in questo racconto, il lupo non è precisamente l’animale che abita nel bosco, ma si tratta di una metafora dell’istinto sessuale. È la parte selvaggia (e crudele) dell’essere umano. È “il diavolo”.
Riporto di seguito parte della versione di Collodi:
“Toc, toc.”
“Chi è?”
Cappuccetto Rosso, che sentì il vocione grosso del Lupo, ebbe dapprincipio un po’ di paura; ma credendo che la sua nonna fosse infreddata rispose:
“Sono la vostra bambina, son Cappuccetto Rosso, che vengo a portarvi una stiacciata e un vasetto di burro, che vi manda la mamma mia”.
Il Lupo gridò di dentro, assottigliando un po’ la voce:
“Tira la stanghetta e la porta si aprirà.”
Cappuccetto Rosso tirò la stanghetta e la porta si aprì.
Il Lupo, vistala entrare, le disse, nascondendosi sotto le coperte:
“Posa la stiacciata e il vasetto di burro sulla madia e vieni a letto con me”.
Cappuccetto Rosso si spogliò ed entrò nel letto, dove ebbe una gran sorpresa nel vedere com’era fatta la sua nonna, quando era tutta spogliata.
Cappuccetto non è stata mangiata sul colpo, quando ha aperto la porta: il lupo attende che si sia spogliata ed entrata a letto al suo fianco. La ragazza si rende conto che qualcosa non va quando è troppo tardi, quando la belva nel letto mostra le sue qualità disumane; ma, per tutto il tempo che sono nel letto, il lupo continua l’inganno:
“O nonna mia, che braccia grandi che avete!”.
“Gli è per abbracciarti meglio, bambina mia.”
“O nonna mia, che gambe grandi che avete!”
“Gli è per correr meglio, bambina mia.”
“O nonna mia, che orecchie grandi che avete!”
“Gli è per sentirci meglio, bambina mia.”
“O nonna mia, che occhioni grandi che avete!”
“Gli è per vederci meglio, bambina mia.”
“O nonna mia, che denti grandi che avete!”
“Gli è per mangiarti meglio.”
E nel dir così, quel malanno di Lupo si gettò sul povero Cappuccetto Rosso, e ne fece un boccone.
Nella versione di Perrault, la storia finisce proprio dopo la cena del lupo.
Cappuccetto non ha salvezza.
La versione della morale proposta da Collodi è questa:
La storia di Cappuccetto Rosso fa vedere ai giovinetti e alle giovinette, e segnatamente alle giovinette, che non bisogna mai fermarsi a discorrere per la strada con gente che non si conosce: perché dei lupi ce n’è dappertutto e di diverse specie, e i più pericolosi sono appunto quelli che hanno faccia di persone garbate e piene di complimenti e di belle maniere.
La morale del racconto è abbastanza esplicita: si tratta di un racconto di avvertimento del pericolo, soprattutto diretto alle ragazze, per quanto riguarda l’inizio della loro vita sessuale e amorosa.
Ci sono diversi cambiamenti importanti che si succedono in pochi secoli:
Cambia il rapporto con le tradizioni orali e letterarie. Anche se la rottura con il Classicismo inizia nel XVII secolo, questa rottura diventa molto più profonda e importante durante il Romanticismo. Si sviluppa l’interesse verso la conservazione delle tradizioni orali, emerge l’interesse per la filologia e gli studi antropologici. Si cercano e pubblicano versioni diverse dei racconti.
Cambia il rapporto dell’uomo con le proprie emozioni. C’è una possibilità di redenzione dopo la caduta in tentazione: appare la figura del cacciatore che ammazza il lupo e apre il suo ventre. Cappuccetto e la nonna “risorgono”.
Cambia il rapporto dell’uomo con la natura. Non va bene fare male agli animali e a poco a poco non si caccia più come prima: il cacciatore viene “trasformato” in boscaiolo.
Il bambino inizia a diventare il centro della vita familiare. Soprattutto a partire dal lavoro di Rousseau, si tende a valorizzare l’esperienza infantile e si comincia a pensare a loro come soggetti con una propria forma di vedere il mondo. Hanno, insomma, dei bisogni psicologici di cura diversi rispetto agli adulti. In particolare il cambio di valori fa che il finale sia interpretato come troppo violento. Il lupo allora viene salvato: Cappuccetto è pacifista.
Cambia il modo in cui vediamo il lupo e la natura: gli animali selvaggi, in un certo senso, vengono idealizzati, disneyizzati. Il lupo diventa un cagnolino selvaggio.
Cambia il rapporto della donna con la società e con la propria sessualità: siccome la verginità non ha più lo stesso valore di prima, il zelo con il quale viene protetta la donna, nel mondo occidentale, cambia. L’attenzione alla sessualità stessa cambia: mentre prima le donne si sposavano molto giovani, ora l’inizio della vita sessuale e familiare viene spostata fino alla maggiore età. Il racconto perde il nesso sessuale. La donna guadagna indipendenza e autonomia. Cappuccetto si salva da sola.
La cultura non è qualcosa di statico e immobile. È come l’acqua dei fiumi: ha bisogno di movimento per conservare la sua vitalità. E con questo movimento il percorso si modifica.
I racconti popolari sono parte del paesaggio culturale che si modifica con il trascorso del tempo. Queste storie hanno così la possibilità di interloquire con diverse generazioni, cambiando il loro senso e il loro linguaggio, in un dialogo profondo con il contesto.
Cappuccetto Rosso ha avuto, ha e avrà moltissima influenza nelle rappresentazioni iconografiche. La sua storia è coinvolgente sia per bambini che per gli adulti: non a caso è presente in canzoni, nuove versioni di racconti, film e multimedia, bambole, opere pittoriche. Anche se con tante modifiche, la storia della ragazzina vestita di rosso continua ad essere narrata, perché la storia di un racconto popolare è anche la storia del popolo stesso.
Per approfondire ancora, ti raccomando leggere questi testi e collegamenti:
Bettelheim Bruno (2018). Il mondo incantato: Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe. Feltrinelli, Milano.
Calvino, Italo (2019). Le fiabe italiane. I° edizione integrale, Mondadori, Verona.
Collodi, Carlo (1976). I racconti delle fate. I° edizione, Adelphi, Milano.
Grimm, Jacob, and Wilhelm Grimm (1812). Kinder- Und Haus-Märchen. Berlin: Realschulbuchhandlung.
Grimm, Jacob, and Willhelm Grimm (1884). Grimm's household tales: with the author's notes. Traduzione di Margaret Hunt.
Jones Christine (2013). Mother Goose’s French Birth (1697) and British Afterlife (1729).
Massia Federica (2016). The Literary Prestige of the Translated Text: Collodi’s Re-writing of Perrault’s Contes.
Matamoro Blas (1988). Bajtín, Caperucita Roja y el Lobo Feroz.
Perrault Charles (1697). Histoires ou Contes du temps passé. (Wiki al racconto originale)
Perrault Charles (1862). Les contes de Perrault. Dessins par Gustave Doré.
Perrault Charles (1889). Little Red Riding Hood. Traduzione di Andrew Lang.
Propp Vladimir (1981). Le radici storiche dei racconti di fate. Traduzione di Clara Coïsson. Boringhieri, Torino.
Propp Vladimir (2000). Morfologia della fiaba. Traduzione di Gian Luigi Bravo. Einaudi, Torino.
Vitali Italia (2021). «Tire la chevillette, la bobinette cherra!»: quattro traduzioni italiane di Le Petit Chaperon Rouge, di Charles Perrault dal settecento al duemila. In Ticontre n. 16.
Complimenti! Articolo molto interessante e ben scritto 👍